Sensori di temperatura e umidità:
benché la tendenza sia quella di riversare il maggior numero di dati su supporto digitale, l’Italia è ancora uno scrigno di archivi cartacei che rischiano di scomparire per la mancanza di stabilità del microclima
Al pari di quanto avviene per la tutela dei beni culturali in senso generale, gli archivi storici cartacei sono manufatti di grande valore, in particolare per gli studiosi di determinante aree scientifiche. Eppure, ancora oggi, nonostante le tecnologie sempre più avanzate non di rado si entra in archivi storici, anche di una certa levatura, dove i documenti sono conservati in fatiscenti faldoni e in semplici magazzini o scantinati dove non vi sono sensori di temperatura o di umidità, nonostante, soprattutto nei magazzini sotterranei, entrambe le variabili siano tra le prime cause di deterioramento dei manoscritti. Anche in questo frangente è la norma UNI 10829:1999 a stabilire il microclima ottimale per la conservazione di documenti d’archivio: la temperatura non deve superare il range compreso tra 13 °C e 18 °C con un margine di tolleranza di ±3 °C e l’umidità relativa deve assestarsi tra il 50 e il 60%; è palese che sensori di temperatura e umidità siano fondamentali per garantire la corretta conservazione dei documenti. Per la conservazione di beni archivistici, inoltre, occorre fare riferimento al D.Lgs. 42/2004 relativo a documenti dichiarati di interesse storico, quindi sottoposti alla medesima tutela dei beni culturali, cui sono assimilati. Il decreto legislativo impone al responsabile dell’archivio la tutela, la buona conservazione, la sicurezza. Uno dei principali accorgimenti riguarda la scelta di locali in cui il rischio di allagamento sia il minore possibile, dal momento che un tale evento corromperebbe in modo irreversibile l’integrità dei documenti. In tali locali è poi opportuno prestare massima attenzione agli apparati e agli impianti in grado di ridurre al minimo l’incidenza dei fattori di degrado o danno. È naturale che molti archivi italiani di valore storico rispettino con attenzione le direttive descritte, ma altrettanto ovvio è che altre strutture necessiterebbero di una ristrutturazione. Il problema maggiore? I costi. Un archivio storico è un ente particolare, senza scopo di lucro e che vive grazie ai fondi stanziati per la tutela dei beni culturali. In questo momento più che mai la riprogettazione dei locali di archivio può apparire a molti un costo eccessivo e ammortizzabile in tempi inaccettabili. Eppure, dal momento che una delle direttive imposte dal decreto riguarda i parametri igrotermici, ovvero le variabili che maggiormente corrompono carta e inchiostro, si può pensare di partire da un investimento obiettivamente ridotto: un processore dedicato per la sala di archiviazione e sensori di temperatura e umidità. Magiant Umiflu può essere configurato per controllare anche da remoto variazioni dell’umidità o della temperatura: un email o un SMS, oltre ad un pop up sul computer cui la pen drive è collegata, raggiungono in tempo reale i responsabili della tutela dell’archivio, poiché cambiamenti bruschi nel microclima danneggiano le fibre della carta o della pergamena e nel contempo favoriscono l’insorgere di muffa. PC e sensori di temperatura e umidità: certo non sono sufficienti a rendere un archivio del tutto corrispondente alla normativa, ma, con un minimo impatto economico, aumentano le possibilità di minimizzare i rischi e tutelare una delle più ricche fonti del nostro patrimonio culturale.
M.F. Pria
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